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È la Sardegna che si squama in pellicola, che abbandona la propria pelle come una muta. C’è la superficie, fatta dal verde delle cascate di Sadali, dall’azzurro del mare maddalenino, o dalle coste selvagge di Capo Caccia. E poi c’è l’identità che scorre sotto questa epidermide di scenografie: c’è la tempra dei sardi, l’etnia, le tradizioni, le credenze e le superstizioni, la magia, la potenza terapeutica degli elementi. E ci sono le donne, e la loro parabola di emancipazione costituisce il filo conduttore di una storia che si dipana per trent’anni, dagli anni 30 agli anni 60. di Luigi Soriga (La Nuova Sardegna)